Continuiamo il progetto editoriale «Presenza italiana a Timişoara e nel Banato», con la pubblicazione della seconda parte dello studio di Aurel Cosma Jr. intitolato Tracce di vita italiana nel Banato, edito nel 1939 dall’Istituto di Cultura Italiana in Romania, sezione di Timisoara.
San Giovanni da Capestrano (24 giugno 1386 – 23 ottobre 1456, Ilok)
Huniadi e Capistrano
Pulsazioni di vita italiana nel Banato, troviamo anche nel campo militare, sopratutto all'epoca delle guerre contro i Turchi, quando innumerevoli Italiani versarono il loro sangue per la liberazione di questa regione dal terrore della mezzaluna anticristiana. Senza dubbio la sostanza morale ed il sentimento di questi atti di eroismo Italiano erano d'ordine religioso. La loro fratellanza per questa terra ha lasciato impressionanti e indimenticabili reminiscenze di nobili e grandiosi sforzi.
In questi tempi oppressi da preoccupazioni di guerra, l'arte di portare le armi era innalzata al primo grado. Gli studi militari e l'organizzazione disciplinare delle squadre armate dell'Italia attiravano molti ufficiali e aristocratici stranieri, per compiere la loro pratica di perfezionamento. Cosi, si trovò a Milano anche il voivoda romeno del Banato, loan Huniadi, compiendo là, durante due anni, la sua educazione militare sotto il comando del duca Filippo Visconti. Una volta ritornato, Huniadi, la cui figura leggendaria oggi ancora vive nel ricordo del nostro popolo, salì tutti i gradi delle vittorie, fino al supremo sacrificio della propria vita.
Le battaglie coi Turchi, nel mezzo del quindicesimo secolo, e le sue vittorie per la redenzione del cristianesimo nel Banato, portavano i segni dei suoi sentimenti italo-romeni, animati dalla grande legge nella fede di Cristo. Nel corso di queste lotte, si sono fuse nella fiamma del sacrifico eroico le due anime dei Romeni e dei prelati italiani, che con a capo Giovanni Capistrano si sono messi anch'essi in lotta a lato della nazione romena, per impedire ai Turchi il loro tentativo di dominare il Banato, che essi consideravano come porta di entrata verso l'ovest.
L'arma di Giovanni Capistrano non era altra che la croce di Cristo, ma, con essa, poteva meglio incoraggiare i guerrieri di Huniadi. È stato, forse, un segno divino, che la fraternità di questo romeno del Banato con il valoroso padre italiano, si sia perpetuata anche oltre la morte, perché Huniadi ha reso la sua anima a Dio, a colmo delle lotte del 1456, fra le braccia del suo amico Capistrano, che, del resto, lo seguì poco dopo anch'egli nell'eternità.